Avro’ avuto credo 20 anni. Amavo la musica come potrete capire. A quei tempi dalle mie parti c’erano queste grandi discoteche come la Cometa di Sale (Al) oppure il Tucano di Codevilla e spesso facevano concerti di artisti che poi con il tempo diventarono famosissimi. Uno di loro era Franco Battiato. Quella fredda sera andai alla Cometa, ma per ballare a dire il vero. Non sapevo neanche che c’era un concerto. Allora il concerto era davvero intrattenimento. Ad un certo punto sale sul palco questo cantante con la sua band. Lo guardo e dico tra me e me: “Ma che brutto che è e che naso”. Poi iniziò a cantare e quello che non dimenticherà mai fu quel ritornello della canzone all’epoca più famosa “L’era del cinghiale bianco”. Fui assorta da quella canzone e da quella musica che il giorno dopo andai subito a comprarmi la cassetta. E mi piaceva. Molto.
Solo ora ho scoperto cosa significava quella canzone: il cinghiale bianco è un simbolo che rimanda al sapere spirituale, metafora per spiegare il proprio rifiuto alle contraddizione di un mondo moderno che sembra aver perso ogni punto di riferimento, in particolare i propri riferimenti spirituali.
L’era del cinghiale bianco è un riferimento alla cultura celtica. Con questo nome è infatti indicato un periodo remoto di splendore della cultura celtica (una sorta di età dell’oro perduta e comune a quasi tutte le culture).
In generale il cinghiale è per i celti un simbolo di vitalità e forza. La sua carne veniva sepolta insieme ai defunti per accompagnarli nell’aldilà. Era inoltre l’animale che spesso impersonificava la Dea Madre.
Del cinghiale bianco parla anche la leggenda di San Pietro al Monte. Una leggenda nella quale un principe va a caccia di un temibile cinghiale bianco. La caccia porterà il principe su territori del divino, alla cecità e ad altri incontri magici.
Adesso ho capito perchè mi ha affascinato così tanto quella canzone.
La cassetta la conservo ancora in cantina
La Cometa di Sale
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